Laszlo Alexandru

 

LA STORIA, PORTATA IN TRIBUNALE



Tra diverse tecniche per scrivere la storia del passato, che occupano l’attenzione degli specialisti e si trovano al centro dei dibattiti, il modello romeno, che sta per essere brevettato, è un’altra volta capace di suscitare la meraviglia. Il dilemma tra la storiografia fattologica e quella interpretativa è recisa dall’esperienza autoctona: il passato viene giudicato in tribunale.

Ho in mente la strana iniziativa con cui Şerban Alexianu ha ufficialmente chiesto la riabilitazione di suo padre, Gheorghe Alexianu, ex-governatore civile della Trasnistria, nominato in tale incarico ai tempi del dittatore fascista Ion Antonescu. Si sa che la maledetta provincia dell’Est rappresentò lo spazio di supplizio delle centinaia di migliaia di ebrei e rom, deportati in quel posto perduto dalle ufficialità dello Stato romeno, negli anni 1940-1944, e sottomessi alle più inumane condizioni, con l’inconfessato scopo del loro rapido sterminio. Alla fine della seconda guerra mondiale, i capi politici colpevoli per il disastro della Romania furono arrestati, giudicati e condannati – alcuni a morte, altri a pesanti anni di reclusione (dove, poi, molti finirono la loro vita). Tra coloro fucilati, in base alla sentenza del 1946, accanto al maresciallo Antonescu si trovò anche l’ex-capo della Trasnistria occupata, Gh. Alexianu. Ma ecco che, in presente, il discendente della persona che aveva coordinato la buona amministrazione dell’Inferno dell’Est ha la pretesa del risarcimento dei danni.

Ciò che all’inizio sembrava soltanto un capriccio è diventato, con il passar del tempo, quasi un incubo, come la palla di neve che diventa valanga. Dal 28 aprile 1998, quando fu chiesta la revisione della sentenza penale pronunciata dal Tribunale del Popolo, è passato ancora quasi un decennio fino a quando è stata stabilita l’area di competenza dei magistrati e fino a quando la Corte d’Appello di Bucarest (C.A.B.), svolgendo l’intero processo, è arrivato alle sue strabilianti conclusioni. Con la sentenza del 5 dicembre 2006, ha deciso l’assoluzione del dittatore Ion Antonescu, del capo del partito fascista la Guardia di Ferro, Horia Sima, nonché di altri capi politici e governanti, in quanto le loro decisioni sarebbero state prese in condizioni estreme, di guerra. Anzi, l’aggressione militare della Romania all’Est è stata considerata legittima, giustificata dallo stato di necessità in cui il Paese si trovava a quei tempi. Tuttavia era parzialmente mantenuta la colpa degli imputati, per il fatto di aver permesso e di aver militato a favore dell’ingresso dell’esercito di Adolf Hitler sul territorio della Romania.

La sentenza della C.A.B. è stata criticata sulla stampa romena ed estera, ha provocato ufficiali note di protesta dei governi di Moldova e di Russia. D’altronde, è stata subito contestata, presso la Corte Superiore, da entrambe le parti in processo, sia dalla Procura della Repubblica, che da Şerban Alexianu. E infatti, in maggio 2008, i giudici dell’Alta Corte di Cassazione e di Giustizia rovesciano un’altra volta la situazione: loro confermano definitivamente la sentenza espressa prima dal Tribunale del Popolo, alla fine della guerra, mantengono la decisione di colpevolezza degli imputati e attestano la legittimità della loro condanna.

Non si tratta di un semplice racconto sulla giustizia in Romania, o sul modo originale in cui alcuni cercano di imporre la verità storica, dalle nostre parti. Si possono notare anche altri particolari simpatici. Tra gli argomenti a favore della ripresa delle discussioni sta l’assenza di legittimità del Tribunale del Popolo, negli anni dopo la guerra. Creato dal potere sovietico di occupazione, questo mise in pratica la volontà dei conquistatori ed ebbe un carattere chiaramente politico. Ne rimasero vittima tante personalità innocenti, per la semplice ragione di non aver fatto in fretta la loro adesione al nuovo regime dittatoriale. Tali aspetti evidenti non sono, comunque, capaci di invalidare moralmente proprio tutte le sentenze pronunciate a quell’occasione. Alla fine della seconda guerra mondiale, l’intera Europa conobbe la frenesia di punizione dei collaborazionisti colpevoli del disastro. Perché dovremmo credere che i fascisti puniti all’Ovest furono dei mostri, invece coloro dell’Est fossero rimasti – moralmente parlando – degli innocenti?

Un pretesto per rilanciare il dibattito fu quello che, dalla sentenza postbellica in poi, sarebbero stati scoperti altri particolari: vennero a conoscenza le clausole del patto segreto Ribbentrop-Molotov. Ma il dettaglio che, in base a un confidenziale accordo politico, due grandi poteri del periodo si dividevano i campi di influenza geografica non scusa per niente l’attivo coinvolgimento di alcuni politici romeni, da parte dell’aggressore tedesco. E poi l’insistente precisazione, ripetuta dalla difesa, secondo cui Gheorghe Alexianu fu a quei tempi il governatore civile, e non militare, della Trasnistria non riesce proprio a modificare in nessun modo la realtà dei fatti. Che importanza ha se l’Olocausto fu sorvegliato dagli sguardi nascosti sotto il cappello o sotto il kepì?

L’ipotesi enunciata dall’avvocato di Gh. Alexianu, per il quale la situazione politica del periodo avrebbe spinto la Romania ad agire in stato di legittima difesa, mentre aveva invaso il territorio della vicina Unione Sovietica, nasconde al suo epicentro un pensiero assurdo, capace di giustificare qualsiasi aggressione militare, in qualsiasi momento storico, spiegandola con il falso imperativo dell’autodifesa. Che cosa avevamo avuto noi da difendere, con tanta legittimità, a Stalingrado e sul fiume Don?!

Il finale lamento di Şerban Alexianu, secondo cui i giudici (che hanno definitivamente respinto i suoi tentativi di rifacimento della storia del passato, in tribunale) avrebbero dato una sentenza erronea perché “sono prodotti del comunismo, sono quel genere di procuratori e di giuristi che sono vissuti ai tempi del comunismo, con la paura del comunismo e con l’abitudine di aspettare le disposizioni dall’alto” è, una volta in più, discutibile. Se la giustizia di oggi è completamente indebitata al comunismo, il discendente del capo fascista perché mai le ha chiesto l’aiuto? E se non lo è – perché la diffama indispettito?

Il contesto dell’intero “business” viene svelato però sulle pagine dei giornali (vedi, per esempio, Adevărul del 7 maggio 2008). Nell’ipotesi della riabilitazione di Gheorghe Alexianu, i suoi eredi avrebbero potuto formulare una rivendicazione immobiliare di 124.750,12 metri quadrati, nel quartiere bucarestino di Colentina, e i diritti pendenti sono già stati venduti, in anticipo, al controverso affarista Gigi Becali per la cifra di euro 750.000.

Meno di un milione. Così poco vale oggi la verità storica sulla partecipazione della Romania alla seconda guerra mondiale?

(luglio 2008)