Laszlo Alexandru

 

“GLI ZINGARI DELL’ EUROPA”?



Nei primi decenni del XX secolo, grandi intellettuali romeni (Nicolae Iorga, Vasile Pârvan) facevano giri di conferenze all’estero, fondavano istituzioni accademiche in Francia e in Italia, pubblicavano articoli e libri in diverse lingue straniere. Nei primi anni del XXI secolo, i romeni sembrano essere diventati lo spauracchio d’Europa, il loro nome equivale alla delinquenza e la loro presenza è guardata con disgusto. Come mai siamo arrivati a questo punto? Che cosa ha provocato la caduta? Per curare una malattia, si deve stabilire la diagnosi. Quindi: perché hanno oggi i romeni una così brutta immagine, oltre i confini del loro Paese?

Dalla morte di Nicolae Iorga e fino alla morte di Nicolae Ceauşescu è passato mezzo secolo. In questo periodo sono vissute tre generazioni, è stato sperimentato un programma politico fallimentare, è stata alterata la fibra etica di una nazione. La dittatura ha troncato negli abitanti il senso della verticalità, li ha abituati alla duplicità, alle soluzioni improvvisate, alla criminalità piccola e generalizzata, al trattamento inumano verso le categorie svantaggiate (anziani, donne, bambini). Il comunismo romeno è stato come un’immensa pentola, ermeticamente chiusa, dove covavano i più ripugnanti vizi della vita collettiva, sotto le apparenze del trionfalismo dispotico.

La rivoluzione del dicembre 1989 ha portato il sacrificio dei giovani idealisti, sotto la pioggia di pallottole, e il passo avanti dei comunisti di seconda fila della nomenklatura. Ma, dal nulla, non si è potuta costituire una classe politica nuova, immacolata. L’egualitarismo comunista di una volta si è trasformato in isole di autoritarismo e di abusi locali. La legislazione severa avrebbe impedito l’illecita accumulazione di capitali, la giustizia incorruttibile avrebbe dato fastidio allo spontaneo capitalismo. Quindi alla giustizia sono state messe le manette. I piccoli accordi, la delinquenza all’angolo della strada, la mancanza degli scrupoli davanti ai propri simili, invece di diminuire, con la caduta del comunismo, si sono ampliati. I politici, che sarebbero dovuto intervenire per moderare questi vizi nazionali, li hanno tollerati impassibili. Se non hanno potuto offrire ai cittadini il benessere, hanno almeno lasciato loro la possibilità di fare fortuna in modo veloce e senza regole.

La giustizia si è trovata, lungo la transizione, al servizio della politica. I delinquenti fanno strada lunga fino alla condanna definitiva (e derisoria), e poi sono graziati con generosità. Le leggi sono apposta fabbricate con permissività – per cui perfino l’ambasciatore degli Stati Uniti ha ritenuto di dover protestare. I politici romeni, appena aprono bocca, lanciano le più strabilianti assurdità, che si possono includere in qualsiasi antologia dell’incompetenza. Il ministro romeno degli esteri propone la creazione di campi di lavoro nel deserto, in un altro continente. Dopo pochi giorni, il presidente della Camera dei Deputati attacca, con un linguaggio basso, lo stesso amabasciatore americano, per la colpa di aver criticato la nostra autoctona svergognatezza. Il fior fiore degli intellettuali romeni, nelle poche situazioni in cui riesce a unirsi, alza la voce in un appello rivolto al Presidente, al Primo Ministro, al Governo, all’Accademia Romena e ai mass-media, a cui chiede la postuma riabilitazione di uno dei più esaltati propagandisti di Adolf Hitler: Vintilă Horia.

Con questo livello dell’intellettualità romena, della classe politica, del sistema pubblico, della coscienza collettiva, nemmeno la gente comune può superare i propri limiti. Ma quello che noi sapevamo e nascondevamo cortesemente, è stato rivelato d’un colpo, con la libertà di circolazione. In Europa, la mentalità non si costituisce dall’insieme delle complicità. La delinquenza non è accettata come stile di vita. Il furto dalle tasche si punisce, il traffico di droga si penalizza, la vendita dei bambini neonati riempie di stupore, il crimine gratuito provoca orrore. Le infrazioni clamorose, commesse da certi individui, finiscono per illuminare l’enorme abisso – economico, politico, mentale, morale – sul fondo del quale gironzolano i romeni da mezzo secolo.

La bottiglia Molotov è scoppiata in Italia, sul terreno fertile di una crisi concorrente. I partiti di destra chiedono, con la voce di Calderoli, il blocco alle frontiere. La nipote del dittatore Mussolini continua quello che ha imparato in famiglia: l’accusa gettata contro un’intera categoria di persone. I partiti di sinistra non si fanno superare dalle urla e mandano in lotta Walter Veltroni che, da autorità esecutiva, invece di disporre concrete misure per la diminuzione delle tensioni, si lancia in dichiarazioni incendiarie. Ma gli italiani comuni hanno una mentalità assolutamente tollerante. Non sono stati neanche troppo antisemiti, durante la seconda guerra mondiale. Più tardi hanno mostrato una larga comprensione per i marocchini, per gli albanesi. Perché se la prendono adesso con i romeni?

I delitti individuali devono fare scattare le più drastiche punizioni individuali. Ma è inaccettabile che la psicosi dell’intolleranza etnica sia infusa con deliberazione, dall’alto in basso. È scandaloso che la stampa italiana deformi le cose in modo tendenzioso, che ci presenti notizie false, che esageri le infrazioni locali, creandone dimensioni internazionali, che inventi il ritratto di un popolo di mostri. Avete letto per caso, a Genova, che le cellule terroristiche di Al-Qaeda si preparano in Romania? (Non so se abbiate visto anche la smentita di questa aberrazione.) Avete letto per caso, a Venezia, che è stato arrestato un romeno con il cadavere di una donna nel bagagliaio? (Non so se abbiate visto anche la smentita secondo la quale si trattava invece di un ucraino, e la macchina era stata targata in Germania.) Avete letto per caso che i carabinieri italiani hanno fatto irruzione nella camera d’albergo di una trafficante di esseri umani? (Non so se abbiate visto anche la smentita secondo la quale si trattava invece dell’attrice Laura Vasiliu, in visita ufficiale in Italia, e protagonista del film che ha appena vinto il Gran Premio di Cannes e ora si candida per l’Oscar.)

I romeni hanno una lunga strada da fare fin quando un altro Nicolae Iorga, tenendo famose conferenze europee, sarà di nuovo accolto con rispetto e ammirazione. Forse non proprio altri 50 anni. L’impegno deve partire da qui, dal nostro Paese, con la riforma delle istituzioni e della classe politica. Gli effetti dell’ondata arriveranno poi, pian piano, nei più lontani posti. Tuttavia un corrispondente obbligo, non solo morale, spetta anche all’occidentale ben nutrito e ben vestito: di non sputare addosso a chi è caduto in miseria. Prima di mettere in pratica la vittimizzazione di una comunità, gli italiani di oggi dovrebbero fermarsi a riflettere un po’ e ricordarsi la lezione di San Francesco, che spingeva l’umiltà fino alla predica davanti agli uccelli o ai lebbrosi. I suoi eredi postmoderni dovrebbero individuare le strade della virtù, senza dimenticarsi degli esempi del passato.

(novembre 2007)