Laszlo Alexandru

 

DIECI SOFISMI



Alla soglia del ritorno della Romania nel continente europeo, il tema più fervido dei dibattiti pubblici quotidiani è focalizzato sullo smascheramento degli ex-collaboratori della polizia segreta comunista, la Securitate. Su iniziativa della Presidenza della Repubblica, è stato possibile accedere agli archivi, la maggior parte dei dossier segreti è stata resa pubblica e attori sociali tra i più visibili – politici, preti e scrittori – sono stati guardati all’improvviso con occhi pieni di curiosità. Alcune pubbliche confessioni sono state strepitose, ci sono state personalità che hanno riconosciuto il proprio passato ipocrita, mentre altre hanno continuato a negarlo perfino davanti alle evidenze.

Tre gruppi professionali – per la loro posizione di spicco – sono tuttora presi di mira dalla tempesta delle rivelazioni. I politici hanno un ruolo essenziale nell’evoluzione dell’intero nostro Paese, in quanto sono responsabili dell’assicurazione dell’equilibrio democratico, della costruzione della legislazione e del governo effettivo dei problemi correnti. I preti e gli scrittori, nel proprio ambito, sono responsabili della salute morale ed estetica della comunità. L’intervento chirurgico non si può fare senza la previa sterilizzazione degli strumenti medici, e neanche l’inclusione della Romania nella nuova spirale dello sviluppo si può realizzare con strumenti sociali marci.

In un simile contesto agitato, è importante esaminare la posizione delle istituzioni che rappresentano le tre suddette categorie. La maggior parte dei partiti politici rumeni (ad eccezione dell’estremista P.R.M. – Partito della Grande Romania) ha salutato l’operazione delle rivelazioni, alcuni provocandola, altri accettandola. Importanti gerarchi della Chiesa Ortodossa Romena sono passati a pubbliche confessioni televisive dei propri peccati giovanili, pur invocando circostanze attenuanti. Si faceva aspettare solo l’atteggiamento dell’Unione degli Scrittori.

L’autorità tutelare della nostra intellighenzia ha comunque dimostrato, negli ultimi quindici anni, un penoso lentore nell’assunzione della propria immagine pubblica. I suoi presidenti successivi ci hanno deluso, uno alla volta. Importante dissidente del periodo finale della dittatura di Ceauşescu, Mircea Dinescu, poi diventato presidente del dinosauro di Viale Victoria in Bucarest, si è concentrato soprattutto sui problemi sociali degli scrittori. Ha compiuto il suo tumultuoso mandato in piroette di complicità con il potere neocomunista (si veda l’episodio dell’ampia ribellione di folla, in Piazza dell’Università a Bucarest nel 1990) e l’ha concluso nel coro delle energiche accuse di corruzione (l’indebita appropriazione di una tipografia). Laurenţiu Ulici, critico letterario di rilevanza secondaria, si è preoccupato soprattutto della propria carriera politica, si è circondato di ex-funzionari obbedienti e ha trattato con indifferenza i messaggi e le lettere aperte di coloro che richiedevano un processo di risanamento morale. Il suo pallido ufficio si è concluso con uno stupido incidente mortale. Eugen Uricaru, prosatore senza grande portata, si è installato alla guida dopo un’agitata riunione elettiva e si è preoccupato della proroga di uno statu quo polveroso, in parallelo all’accumulazione di pompose sinecure a beneficio personale. È stato obbligato a ritirarsi, dopo che la prestigiosa ex-opponente alla dittatura comunista, Doina Cornea, gli ha rimproverato sulla stampa, in base a documenti rilasciati dagli archivi, che era stato delatore a servizio della Securitate. Il processo che l’ex-capo degli scrittori ha perso poi in tribunale è venuto a sancire ufficialmente la pungente accusa.

L’istituzione rappresentativa degli scrittori è rimasta quindi profondamente obbligata a un intervento chiaro, deciso, sulla strada della rivincita morale. Doveva preoccuparsi non soltanto delle condizioni materiali per il pranzo a prezzi economici, o per la stampa delle silloge d’autore, ma anche della penitenza per il proprio passato di vigliaccherie, ipocrisie, ambiguità e tradimenti. Tutte le condizioni erano compiute. Il nuovo presidente dell’Unione è stato eletto nel giugno del 2005, dopo un discorso entusiasmante, in cui proponeva la creazione di un’autorità civica di riflessione morale. Lo scrittore romeno era chiamato a riconquistare il proprio prestigio sociale e la dignità personale. Colui che esprimeva tali esortazioni era, egli stesso, critico letterario di prima importanza, figura tutelare della vita culturale degli ultimi quattro decenni. Noto per le sue posizioni moderate e di buon senso, egli godeva di tutti i vantaggi deontologici, manageriali e di carisma personale per accingersi allo scomodo obbligo. Il contesto politico-sociale e le speranze del pubblico lo spingevano con insistenza all’azione.

Proprio sulla base di tali premesse è tanto più deludente la nuova (vecchia) svolta che Nicolae Manolescu dà agli eventi di oggi. Fedele seguace dei suoi predecessori, che hanno solo usato la poltrona da trampolino per occupazioni più redditizie, nel campo privato o in politica, l’attuale capo si è orientato verso l’ambiente diplomatico. Dopo un anno di mandato come presidente dell’Unione degli Scrittori, il direttore della România literară si è regalato anche il posto di ambasciatore di Romania all’UNESCO. In quanto alla promessa riforma morale…

Il dibattito di mercoledì 30 agosto 2006, sulla collaborazione degli scrittori con la Securitate, è stato moderato con insistenza da N. Manolescu, spaventato dalla risonanza che l’argomento degli ex-complici della dittatura potrebbe provocare nella vita pubblica. Lo scopo dell’incontro non è stato quello di smascherare la colpa o la complicità di qualcuno, bensì quello di calmare gli spiriti, di tenere la situazione sotto controllo, di imporre la prepotenza dell’istituzione nell’orientamento dei dibattiti. Il presidente dell’U.S., Nicolae Manolescu, affiancato dallo stesso osservatore conservatore Eugen Simion, ha suonato il pizzicato dell’indulgenza per i collaborazionisti, che furono infatti delle vittime, si è agitato per relativizzare le colpe, ha chiesto la priorità al processo dell’intero regime comunista, dell’intera società, dell’intera Securitate in quanto polizia politica ecc.; mentre ha rinviato il processo morale degli scrittori colpevoli alla fine di tutto.

L’organizzatore dell’incontro si è visto però contraddire, con numerosi argomenti ed esempi, da alcuni presenti al dibattito (Stelian Tănase, Varujan Vosganian, Bujor Nedelcovici ecc.). In acuta crisi di persuasione, dopo inutili esercizi di fascino personale, Nicolae Manolescu avrà sentito il bisogno di tornare su questo argomento controverso in România literară (no. 38/2006), facendo pubblicare un Comunicato da parte della presidenza dell’Unione degli Scrittori. Il suo contenuto vale la pena di essere esaminato con tutta l’attenzione che richiede. Vi propongo pertanto la lettura integrale.

“Il Comitato Dirigente dell’Unione degli Scrittori della Romania ha preso atto dell’intero dibattito sul tema dell’apertura dei dossier e della collaborazione con l’ex-Securitate, nonché delle opinioni espresse dagli stessi scrittori all’occasione dell’incontro di 30 agosto 2006, alla sede centrale dell’U.S.R. in Bucarest. Il Comitato Dirigente ritiene che il gruppo artistico dei letterati non sia stato né più perseguitato, né più risparmiato degli altri, da parte dell’ex-Securitate. In onore degli scrittori, si deve dire che loro hanno dato il più grande numero di dissidenti e, allo stesso tempo, che le riunioni dei Consigli Nazionali e delle Conferenze Nazionali nel periodo 1968-1989 hanno rappresentato un foro di contestazione politica senza termine di paragone nella Romania comunista.

Ci sono, sfortunatamente, anche scrittori che hanno collaborato con l’ex-Securitate. Ci sono anche scrittori che hanno elogiato il regime comunista. Il Comitato Dirigente è convinto della necessità assoluta di scoprire la verità. La direzione dell’Unione degli Scrittori di Romania richiederà formalmente al C.N.S.A.S. [Consiglio Nazionale di Studio degli Archivi della Securitate] l’identificazione e la ricerca dei dossier dei suoi membri.

Nello stesso tempo, il Comitato Dirigente attira l’attenzione sul fatto che non sono stati i collaboratori i principali colpevoli, ma il sistema che ha generato la repressione. Il vero processo si dovrebbe fare al comunismo, a coloro che hanno ordinato i crimini e a coloro che li hanno messi in esecuzione, ai capi della nomenklatura e agli ufficiali della Securitate, che sono i veri protagonisti di una storia tragica. Questo processo dei dossier che si sta svolgendo assomiglia sempre di più a una manipolazione e rischia di trasformarsi in una caccia alle streghe e in una guerra civile tra le generazioni.

Il Comitato Dirigente dell’Unione degli Scrittori della Romania fa un appello alla ragione e alla moderazione. Ci vuole una discesa alle radici del male, e non un incitamento alle denunce e alle vendette. Il passato si deve conoscere, ma non vendicare.”

Il sofisma ebbe, lungo il tempo, definizioni con diverse sfumature. In essenza definisce oggi il ragionamento falso, espresso da un balordo, o un giudizio tendenzioso, formulato dal parlante allo scopo di ingannare i suoi interlocutori o per mettere in luce se stesso. Il fenomeno rappresenta una malattia del pensiero logico e dello spirito critico, oppure una carenza di moralità nell’argomentazione, e si manifesta in figure stilistiche dell’ambiguità, a livello dell’espressione verbale, o in travisamenti spettacolari della realtà, in quanto ai concetti comunicati. Con le parole di Aristotele, “poiché ci sono persone che più apprezzano di sembrare sagge, invece di esserlo (perché la saggezza dei sofisti è solo apparente, non reale, e il sofista – la persona che guadagna soldi in seguito a una saggezza apparente, non reale), è ovvio che a simili persone conviene necessariamente fingere di compiere i doveri della saggezza, invece di compierli davvero, senza fingerli”.

Il comunicato pubblicato dalla direzione dell’Unione degli Scrittori sugli autori collaborazionisti e delatori, nonché altre simili prese di posizione di Nicolae Manolescu, presidente eletto dell’U.S., contengono – nel loro tentativo di rimandare il giudizio pubblico, di rendere innocenti i colpevoli, di mantenere la verginità della loro immagine sociale – un’ampia diversità di figure sofistiche, dalle più tradizionali alle più sorprendenti. Una loro rassegna mi pare utile e necessaria.

“Il Comitato Dirigente [dell’Unione degli Scrittori] ritiene che il gruppo artistico dei letterati non sia stato né più perseguitato, né più risparmiato degli altri, da parte dell’ex-Securitate” – ci si trasmette con enfasi. Si deve sottolineare, prima di tutto, che qui si tratta di una semplice opinione soggettiva, però esposta in modo perentorio, in nome di una istituzione, allo scopo di farla accettare come tale dal grande pubblico. Il Comitato Dirigente dell’Unione degli Scrittori non ha nessuna competenza nella verifica dell’attività dell’ex-Securitate (quante persone ha perseguitato, quante persone ha risparmiato). Esprimere pareri su tale argomento, sotto la copertura di falsa autorità istituzionale nel campo, riflette il sofisma chiamato ab auctoritate ovvero argumentum ad verecundiam. (L’esempio classico è dato dall’enunciato: “Dante Alighieri ha pubblicato uno studio che dimostra quanto sia necessario lavarsi i denti tre volte al giorno”, che non è valido, in quanto Dante Alighieri non è esperto in igiene della bocca.) Il sofisma dell’antepronuncia è strettamente collegato al precedente: benché non si siano stabilite ancora con precisione le dimensioni delle persecuzioni inflitte dalla Securitate all’intera società romena, e il problema rifletta un ampio dibattito, che sta per svolgersi, il Comitato Dirigente dell’Unione degli Scrittori ne conosce già il risultato e si considera autorizzato ad annunciarlo a tutti noi. Dirigere la verità consiste nel selezionare l’informazione esistente e ridisporla, cambiandone gli accenti e modificandone le gerarchie. Nella nostra situazione, mentre le rivelazioni sui dossier degli scrittori sono appena iniziate, indicando realtà vergognose e compromessi scandalosi, l’Unione degli Scrittori cerca di “far disperdere” l’argomento nell’ambiente, sostenendo che non si tratti di niente fuori dal comune, e che il gruppo dei letterati non sia stato né più perseguitato, né più risparmiato degli altri.

“In onore degli scrittori, si deve dire che loro hanno dato il più grande numero di dissidenti e, allo stesso temppo, che le riunioni dei Consigli Nazionali e delle Conferenze Nazionali nel periodo 1968-1989 hanno rappresentato un foro di contestazione politica senza termine di paragone nella Romania comunista” – dice la preziosa opinione. L’enunciato pecca però del sofisma della generalizzazione difettosa, per il metodo del campione parziale, che consiste nel fatto che si sceglie un gruppo irrilevante, e i suoi tratti vengono estesi in modo abusivo all’intera categoria di provenienza. (Per esempio, ci furono tantissimi scrittori – Alexandru Balaci, Octavian Paler, D.R. Popescu, Titus Popovici, Valeriu Râpeanu ecc. – membri del Comitato Centrale del dittatoriale Partito Comunista Romeno, però questo non vuol dire che tutti gli scrittori siano stati politicamente obbedienti.) Inoltre, si sa benissimo che gli autori anticomunisti non agirono in modo istituzionale, in nome dell’Unione degli Scrittori, bensì rischiarono la propria pelle autonomamente e addirittura contro le insistenze dell’albo professionale. Si deve sottolineare il fatto che, proprio nei giorni in cui Paul Goma fu arrestato dalla Securitate, nell’aprile del 1977, il Comitato Dirigente (usando in appoggio anche il voto di Nicolae Manolescu) cacciò via il celeberrimo dissidente dall’Unione degli Scrittori! E fino a oggi non lo ha mai recuperato! Manipolare il sacrificio personale di allora, per salvare la faccia degli scrittori adesso, mi sembra – usando eufemismi – di una volgare svergognatezza.

Il quinto sofisma, di esagerazione flagrante, arriva a considerare le riunioni dei Consigli e delle Conferenze Nazionali degli scrittori come il più importante “foro di contestazione politica” della Romania comunista. Quindi né le lotte dei partigiani in montagna, durante gli anni ‘50, né lo sciopero dei minatori nel 1977, né la creazione del S.L.O.M.R. [Sindacato Libero degli Operai di Romania] nel 1977, né la ribellione della città di Braşov nel 1987, né le proteste internazionali di Doina Cornea negli anni ‘80 rappresentarono una radicale contestazione politica, bensì il brontolio sindacale degli scrittori contro le tirature insufficienti, il pagamento simbolico e la censura insolente! “IL BISOGNINO FA TROTTARE LA VECCHIA!” si dovrebbe intagliare, come detto rappresentativo, nel bel mezzo delle rose nobiliari sullo stemma della corporazione.

“La direzione dell’Unione degli Scrittori di Romania richiederà formalmente al C.N.S.A.S. l’identificazione e la ricerca dei dossier dei suoi membri” – veniamo a scoprire con gioia. Dobbiamo tuttavia osservare che l’anfibologia rappresenta il sofisma dell’espressione ambigua, ingannevole, che non ti permette di percepire con chiarezza le intenzioni del parlante. Lo stesso per il nostro caso: quali dossier saranno identificati e ricercati? Quelli di tutti i membri dell’U.S., oppure solo quelli dei capi amministrativi? Da quanto ci dice il Comunicato ufficiale, non possiamo capire le cose. L’ampiezza del progetto di pulizia morale è (per caso?) ambigua. E poi, a che cosa serve un Comunicato che esprime progetti di intenzioni?! Sarebbe stato sufficiente se i capi degli scrittori si fossero già dati da fare e avessero già chiesto quei benedetti dossier…

“Il Comitato Dirigente attira l’attenzione sul fatto che non i collaboratori sono i principali colpevoli, ma il sistema che ha generato la repressione. Il vero processo si dovrebbe fare al comunismo, a coloro che hanno ordinato i crimini e a coloro che li hanno messi in esecuzione, ai capi della nomenklatura e agli ufficiali della Securitate, i veri protagonisti di una storia tragica. Questo processo dei dossier che si sta svolgendo assomiglia sempre di più a una manipolazione e rischia di trasformarsi in una caccia alle streghe e in una guerra civile tra le generazioni” – ci si trasmette con un tono che dà i brividi. La dissipazione della responsabilità è soltanto una volgare astuzia. Qualsiasi avvocato principiante potrà “dimostrare” che non sia colpevole l’assassino che ha ucciso la povera vecchierella, ma la famiglia che non lo aveva educato, la società che non lo aveva sorvegliato, la povertà che non lo aveva risparmiato ecc. Se cercheremo di strumentare, prima, il processo al comunismo, al nomenklaturismo, ai capi della polizia segreta e agli altri attori che girano per strada accanto a noi, certo che gli scrittori delatori aspetteranno il loro turno fino alla fine del mondo. E poi dov’è scritto che i processi morali si debbano fare successivamente?! Essi potrebbero (anzi dovrebbero) svolgersi tutti quanti allo stesso tempo.

L’appello alla paura (il cosiddetto argumentum in terrorem) rappresenta il sofisma per mezzo del quale il parlante manipola le paure e i pregiudizi degli ascoltatori. È noto invece che la rivelazione dell’identità di alcuni arrivisti delatori non ha provocato “guerra civile” o conflitto “tra le generazioni” né in Germania, né in Polonia, né in Ungheria, e tanto meno lo susciterà alle bocche del Danubio o ai piedi dei Balcani.

Prima di esprimere tali opinioni personali, nascoste sotto le apparenze di Comunicati del Comitato Dirigente dell’Unione degli Scrittori, Nicolae Manolescu ha goduto anche di altri contesti privilegiati per esporre gli stessi concetti pieni di eufemismi, cosmetismi, euforismi. Nell’intervista rilasciata al settimanale 22 (no. 813 / 4-10 ottobre 2005), il capo degli scrittori romeni sosteneva: "Per quel che riguarda l’epurazone morale, (…) io ho detto che, in principio, sono contro qualsiasi forma di epurazione. Ci manca persino la legge della lustrazione. Io posso sapere, eventualmente, quali sono i delatori o i collaborazionisti dell’Unione degli Scrittori. E che cosa ne faccio dell’informazione? La pubblico per discreditarli moralmente? Non esiste il discredito morale, quando nel Parlamento della Romania e nel governo, e dappertutto ci sono persone il cui dossier è conosciuto. Si è discreditato Ristea Priboi in qualunque modo? Che ne faccio io di uno scrittore che ha anche 70-80 anni e se ne sta a casa sua? Gli dovrei tagliare i sostegni economici, come potrei punirlo? Da dove potrei cacciarlo via? Da una pensione di 1.700.000 lei? Certo che si deve fare pulizia, ma io dico che si deve cominciare con gli ufficiali della Securitate, e non con i delatori".

Barare le carte (card-stacking) rappresenta la furbizia per mezzo della quale i fatti corretti di per sé sono disposti in modo diverso, allo scopo di offrire immagini unilaterali. Certo che non esiste ancora la legge della lustrazione, ma questo non rende affatto inutile la rivelazione degli scrittori delatori, poiché il fenomeno non appartiene alla legislazione statale, bensì alla moralità pubblica. Certo che l’Unione degli Scrittori ha un principale attributo sindacale, di sostegno economico, ma questo non esclude per niente il suo ruolo di istanza morale, civica. L’attuale presidente ha vinto il suo mandato appunto in nome di tali principi, di cui oggi fa volentieri a meno.

L’argomento della pietà (il cosiddetto argumentum ad misericordiam) cerca di ottenere l’appoggio dell’interlocutore per mezzo dei suoi sentimenti di compassione o di colpevolezza. Probabilmente ci saranno ancora oggi dei delatori di 80 anni, che vivranno con pensioni di 1.700.000 lei, ma questo non cambia affatto la gravità morale della loro vergognosa ambiguità. La verità delle affermazioni non si può dimostrare in base ai sentimenti, poiché le emozioni umane mutano spesso, invece le leggi della logica non cambiano.

Guardando indietro ai dieci sofismi, così diversificati, lanciati da Nicolae Manolescu per imporre, dentro le mura, le sue opzioni retrograde e relativizzanti, l’ammirazione per lo zigzag intellettuale diminuisce, mentre il disgusto per il compromesso morale aumenta. Da questo angolo di provincia universitaria, vorrei salutare il rappresentante della Romania all’UNESCO e rassicurarlo che i suoi nuovi colleghi, gli ambasciatori, sapranno gustare con entusiasmo le sue abilità sofistiche. Altrettanto vero è, invece, che i suoi ex-subordinati, gli scrittori romeni, non avrebbero meritato ni cet excès d’honneur, ni cette indignité.


(dicembre 2006)