Laszlo Alexandru

 

I TERRORISTI CONTRO LO STATO



Il XX secolo è stato quello dei grandi numeri, delle proporzioni impressionanti. Due guerre mondiali, due massacri generalizzati (l’Olocausto e il Gulag), due grandi poteri politico-militari (gli U.S.A. e l’U.R.S.S.). Il XXI secolo sembra annunciare la rivincita dell’individuo, la ribellione contro le strutture. Il metodo più diretto di confronto è diventato il terrorismo. L’attacco dell’11 settembre 2001 contro New York, come anche la recente azione criminale contro la scuola di Beslan, hanno fatto tremare i fondamenti di due dei più grandi Stati del mondo. La rivolta metafisica, proclamata dall’esistenzialismo alla metà del secolo scorso, si è trasformata nelle aggressioni molto concrete contro la stabilità sociale presente. Dalla celebre meditazione teorica “L’enfer c’est les autres”, oggi siamo arrivati alla terribile conclusione pratica “L’enfer c’est partout”.

Dopo il primo momento di orrore davanti a centinaia e migliaia di morti innocenti tra la popolazione civile, il pensiero critico va inevitabilmente alle cause e alle circostanze di questi nuovi massacri. L’aggressione terroristica contro l’America è stata seguita dalle repliche americane in Afganistan e Irak – l’attacco contro la Russia è stato preceduto dalla brutale aggressione russa in Cecenia. I terroristi arabi hanno preso di mira le basi stesse del sistema di valori e del modo di vita occidentale – i terroristi ceceni hanno rivendicato il diritto all’indipendenza politica statale. I viaggiatori degli aerei americani dirottati e quelli dei treni di Madrid non hanno avuto troppe vie di scampo. La vita degli spettatori del teatro di Mosca e degli ostaggi di Beslan dipendeva dai risultati delle negoziazioni fallite. Alcuni civili sono morti quando sono stati attaccati dai terroristi, gli altri mentre erano “salvati” dalle truppe speciali. Le differenze ci sono e si devono riconoscere con onestà.

Il crimine non ha nessuna giustificazione. I terroristi non hanno il diritto alle circostanze attenuanti. Questo è un fatto che si deve proclamare con decisione. Ma la nostra mente è obbligata a fare un passo avanti e a chiedersi: lo Stato aggredito sarà stato ugualmente colpevole, in Occidente come in Oriente?

Faremmo un grande sbaglio a guardare con gli stessi occhi l’attacco contro una democrazia e l’attacco contro le rovine di un impero totalitario.

(ottobre 2004)