Laszlo Alexandru

 

CHE COSA DOBBIAMO FARE?



La letteratura romena del dopo 1989 è uno spazio aperto per i dibattiti. La libertà della parola, conquistata dopo decenni di totalitarismo comunista, può offrirci oggi non solo il chiasso, ma anche le discussioni approfondite. Tutto si deve rianalizzare, cominciando con gli stessi criteri di giudizio che adoperiamo.

Uno dei problemi più delicati, che era sospeso e minacciava il sonno tranquillo di tante personalità locali, si riferisce al collaborazionismo degli scrittori romeni. Dopo la liberazione dei Paesi occidentali dall’invasione fascista, ci furono autori prestigiosi giudicati in tribunale e alcuni di loro furono perfino condannati a morte e giustiziati, se non si suicidarono prima (per esempio in Francia). Dopo la liberazione dei Paesi orientali dall’invasione comunista – flagello di una forza devastatrice molto più ampia, dovuta al periodo più esteso di azione, alle decine di milioni di vittime in più, alle economie nazionali mandate in rovina ecc. –, non ci sono stati scrittori trascinati in tribunale.

Se l’aspetto della condanna penale è stato dimenticato, l’aspetto della condanna morale chiede il diritto di parola. Né i legami di parentela, né i rapporti di amicizia o di obbedienza dei discepoli, né la complicità delle persone colpevoli di gesti analoghi potranno fermare l’analisi lucida. Più il tempo avanza, più le immagini si chiariscono.

Il problema di oggi è molto complesso, se teniamo presente che lo spirito critico deve considerare con un doppio punto di vista lo spazio culturale romeno. Sono rimasti indiscussi i clamorosi gesti di disonore compiuti sia a favore della destra (il delirio e la collaborazione di alcuni scrittori con il fascismo degli anni ‘30-‘40), quanto della sinistra (le genuflessioni e la complicità di altri scrittori con il comunismo degli anni ‘50-‘80). L’azione del giudizio critico è stata impedita in tutt’e due i sensi, durante la censura comunista.

Siamo finalmente arrivati a riflettere in libertà su entrambe le forme di compromesso. Il dibattito non potrà essere fermato dalla furbizia riconoscibile di quelli che cercano di distogliere la nostra attenzione (per esempio, ogni volta che si parla dell’adesione fascista di Mircea Eliade, Emil Cioran ecc., spunta fuori un nome di prestigio che ci sprona a guardare piuttosto a sinistra che non a destra). Perfino la situazione così evidente di Constantin Noica, ex-sostenitore del fascismo legionario romeno (di destra) e collaboratore… aristocratico del propagandismo ceauşista (di sinistra), suscita tutt’altro che l’unanimità della riprovazione tra gli intellettuali romeni. Ecco un nuovo segno che ci rimangono ancora tante cose da fare.

A coloro che si lasciano scoraggiare dalle difficoltà di quest’obbligo vorrei ricordare le frasi appassionate scritte da I.D. Sîrbu: “niente e nessuno scompare del tutto; non ci sono segreti che non si sapranno, crimini che non si scopriranno, criminali il cui nome rimarrà nascosto per l’eternità; tutto, assolutamente tutto si paga e si ripaga sin da questa vita, se non da noi stessi, allora dai nostri figli e dai nostri nipoti; il cervello dell’uomo ha una parte che può essere distrutta con le scosse e con i medicinali, ma l’essenziale, la sostanza tragica di qualsiasi vittima, come un seme misterioso, vola via col vento come il tarassaco o si nasconde sotto la terra, nell’attesa di una pioggia o di una futura giustizia”.

(gennaio 2004)